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Altri Apostolici Esercizj di Alfonso, e suoi mezzi per non divolgarsi nello Spirito

[Brano tratto da "Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori vescovo di S. Agata de Goti e fondatore della Congregazione de Preti Missionari del SS. Redentore" scritto tra il 1798 e il 1803 da Padre Antonio Maria Tannoia C.SS.R.].

Se da Diacono non vi era giorno vuoto per Alfonso, asceso al Sacerdozio, (contestata essendo la di lui Missione anche da un Soggetto così degno qual'era il Cardinal Pignatelli, ) si può dire, che videsi così affollato di fatiche, che non aveva tempo a poter respirare. Una occupazione non era sbrigata, che già era invitato per l'altra; e facevasi a gara da' Rettori delle Chiese a chi prima lo poteva avere in beneficio de' proprj figliani.

Tante Congregazioni richiesta gli fecero per li Santi Esercizj, e per altri sermoni: tanti Monasteri di Monache vollero anch'esse profittare di sua parola. Le Chiese di maggior concorso e di prima figura in Napoli si prevenivano l'un l'altra, per averlo specialmente nelle solennità delle Quarantore. In somma tutto era applicazione pel nostro Missionario; e non vedevasi far ritorno a casa, che carico di manipoli, e sommamente consolato per le tante Anime, che toglieva al peccato, e guadagnava a Gesù Cristo.

Animato dallo spirito di Dio, non predicava Alfonso, che Cristo Crocifisso. Non vi erano frasche nelle sue prediche, ed apparati vani d'inutili erudizioni. Tutto era nerbo, e sostanza, con istile piano, e familiare. Oltre di ciò, non vi era cosa, che non concorresse nella di lui persona, o che non singolarizzasse nel suo Apostolato. Nobiltà de' natali, che confondeva qualunque spirito superbo: rarità di talenti, e di doni naturali, che lo distinguevano tra gli altri Predicatori. Maggiormente predicava in esso la sua modestia, il suo raccoglimento, la sua somma umiltà, e sommo disprezzo del Mondo; soprattutto faceva della grande impressione la vita penitente, che in esso si ammirava, e che condannava l'altrui delicatezza.

Ancorchè non fossero le prediche di Alfonso adornate de' bei concetti, e tessute con istile pomposo e fiorito, non è che solamente erano a portata della gente rozza, e popolare. Avevano queste il sapore della Manna. Ci trovava pabolo, e sentivalo con piacere così l'uomo idiota, che letterato: tutti e due vi restavano compunti; anzi i letterati più che ogn'altro vi concorrevano, e lo sentivano con sodisfazione.

Il suo uditorio con maraviglia di ognuno, vedevasi composto di Ecclesiastici riguardevoli, così Regolari, che Secolari; di Avvocati, Procuratori, e Togati; di Dame d'alto bordo, e Cavalieri; nè ci era persona, che non uscisse di Chiesa compunto, e col capo chino.

Spesso spesso v'interveniva Nicolò Capasso, quel miracolo di sacra, e di profana letteratura, ma famoso per le sue satire. Incontrandolo un giorno Alfonso, perchè Amico, lepidamente gli disse: D. Nicola vi vedo sempre alla mia predica: volete forse farmi qualche satira? No, disse il Capasso; son persuaso, che non attendo da voi fiori, e periodi contornati; vengo, e vi sento con piacere, perchè voi predicate Cristo Crocifisso, e non già voi medesimo. Tanto di forza ha nell'uomo il predicare Evangelico, quando non è adulterato e tradito.

Non abbiamo distinta notizia delle tante Missioni, che si fecero da Alfonso ne' primi anni del suo Apostolato. Rilevo bensì da alcune carte della medesima Congregazione di Propaganda, che a' 20 Novembre 1727: partì unito con D. Filippo Aveta, ed altri fratelli per le Missioni di Bosco, e de' Casali adiacenti; e l'anno susseguente a' 16. Gennaro fu colla Missione nel Casale di Resina. Non erano meno le fatiche, che Alfonso si addossava in Missione di quelle, che faceva residendo in Napoli.

I Superiori della Congregazione, vedendo il gran profitto, che operava nelle Anime, e l'idea che da' Popoli se ne concepiva, si vedevano quasi obbligati a non poterlo risparmiare. Attestava egli medesimo, Alfonso, che per lo più, nel corso delle Missioni, veniva incaricato dall'Atto grande della sera; tanto maggiormente in quantochè non aveva egli lo spirito di ripugnare, o di scansare qualunque fatica.

Mi attesta il Sacerdote D. Camillo Mastroalleva, Secretario della medesima Congregazione, non aver ritrovato, rivoltando li vecchi registri, come ritrovansi altri rubricati, che Alfonso si fosse una volta scusato per qualche impiego addossato, e non eseguito. Gode questa Congregazione dell'Apostoliche Missioni una pingue Cappellania giornale, lasciata con patto dal Testatore di non darsi, che all'Operario più indefesso, che vi fosse tra Fratelli. Era in tal idea Alfonso, ancorchè di fresco asceso al Sacerdozio, e forse l'ultimo tra Congregati, che non esitarono quei degnissimi Fratelli investirne la di lui persona. Questo solo, se altro manca, è sufficiente di per se, a farci fare un' adequata idea del grande indefesso Operaio, ch'era Alfonso, e come si distinguesse tra tutti i membri di quella rispettabilissima Adunanza.

Non voglio omettere, per esser cosa di troppo consolazione, ciocchè accadde in questo tempo tra Alfonso, e D. Giuseppe suo Padre.

Essendosi questo disingannato, non solo viveva contento del di lui stato, che anzi lo ringraziava per aver fatta una tal'elezione. Una sera tra l'altre stando Alfonso porgendo nella gran Chiesa dello Spirito Santo, gli Santi Esercizj ad un immenso popolo, che vi concorreva, D. Giuseppe ritiravasi dal Palazzo Reale: sentendo la voce del Figlio, curioso entra anch'esso in Chiesa: ascolta, e si compunge: piange, e si pente di quelle amarezze, che date gli aveva, lasciando i Tribunali: Ringrazia Iddio, d'aver prescelto Alfonso ad un tale stato, e capochino si ritira in casa. Appena Alfonso vi giunse, che piangendo se gli fa incontro, l'abbraccia, e tutto cuore gli dice: Mio Figlio Io vi ho obbligazione: voi questa sera mi avete fatto conoscere Iddio: Figlio vi benedico, e mille volte vi benedico per aver eletto uno stato così santo, e così caro a Dio.

Se così impegnato viveva Alfonso, e con tanto zelo in ajuto delle Anime, non è che trascurato fosse per li proprj doveri. Ogni giorno costantemente dava più ore alla meditazione, oltre del tempo, che impiegava nella lettura delle gesta de' Santi. Chiamava egli questi libri il Vangelo posto in pratica. Somma era la divozione, con cui celebrava la Messa; e non era indifferente il tempo, che v'impiegava. Lungo era il suo apparecchio, e non minore il rendimento di grazie. Oltre di questo, ogni giorno portar dovevasi impreteribilmente, per visitare Gesù Sacramentato, in quella Chiesa, ove vi erano le Quarantore: nè queste visite erano brevi e passaggiere; ma vedevasi trattenere più ore amando, e contemplando il suo Dio; vale a dire, che la sua vita non era, che un'orazione costante e continuata.

Queste, ed altre erano le giornaliere occupazioni di Alfonso in beneficio suo, e delle Anime. Memore di quel Quiescite pusillum, detto da Cristo a' suoi Apostoli, non mancava anch'esso di volta in volta disbrigarsi in tutto da' suoi Apostolici Esercizj, e ritirarsi in luogo solitario per trattenersi, e rivedere da solo a solo tra esso e Dio le partite della propria Anima.

Aveva Alfonso, come già dissi, contratta amicizia, e troppo stretta, coi Sacerdoti D. Giuseppe Porpora, e D. Giovanni Mazzini: in seguito la contrasse ancora con D. Gennaro Sarnelli, uno de' figli del Barone di Ciorani, con D. Michele De Alteriis, e con altri Sacerdoti anch'essi impegnati per la propria santificazione.

Godeva egli e compiangevasi della conversazione di sì degni Ecclesiastici. Volendoli maggiormente stringere in carità, e fare unitamente con essi di tempo in tempo una spirituale ricreazione, il de Alteriis esibì un suo casino, quanto a proposito per questo, altrattanto esente da qualunque disturbo. Avevasi in questa casa un divoto Oratorio, ed eravi una bellissima statua di Maria SS., quella appunto, che donata ad Alfonso, si venera di presente nella Sacrestia della nostra Casa di Ciorani.

In questo luogo solitario e divoto ritiravansi tutti ogni mese, e trattenevansi uniti i tre e quattro giorni in esercizj di penitenza, in lunghe meditazioni, ed in conferenze di spirito. La mensa era parchissima. Presedeva capotavola una bellissima statuetta di Gesù Bambino, ed ogn'uno facevagli i suoi fioretti. Mi diceva il nostro P. Mazzini, che non si prendeva boccone, senza prima scoccarsegli delle replicate giaculatorie. Terminata la tavola, se la divertivano qualche tempo in cantare dolci inni, e canzoni, ed indi ripigliavansi di nuovo le sante meditazioni.

Per qualche tempo si frequentò questa casa di Alteriis. Si passò poi ad un'altra più solitaria, presa a pigione da D. Gennaro Sarnelli in vicinanza di S. Gennaro extra moenia, in dove con maggior soddisfazione attendevano a Dio, ed a se stessi.

Così Alfonso rinforzavasi ogni Mese nello spirito, o per dir meglio abbozzava non volendo l'Istituto, che era per dare alla Chiesa, e così avanzavansi questi santi Sacerdoti nel disprezzo del Mondo, e nell'amore di Gesù Cristo.