Scarica e ascolta alcune tra le più devote e commuoventi meditazioni spirituali di Sant'Alfonso Maria de Liguori, nel diffuso formato audio mp3. Queste meditazioni contribuiscono ad elevare l'animo a Dio che è il fine ultimo dell'uomo. Se ti piacciono, puoi consigliarle ai tuoi amici più cari. Buon ascolto! Clicca qui per scaricare i file mp3 zippati.

Devozione alla Madonna Addolorata

Sant'Alfonso Maria de Liguori, nel suo capolavoro intitolato “Le Glorie di Maria”, afferma che sono grandi le grazie che Gesù ha promesso ai devoti della Madonna Addolorata. Infatti, venne rivelato a Santa Elisabetta che San Giovanni Evangelista, dopo che la Beata Vergine fu assunta in cielo, desiderava ardentemente rivederla. Dio gli concesse questa grazia, e così a questo grande Apostolo apparve la sua cara Madre Celeste insieme al Redentore Divino. La Madonna domandò a Gesù qualche grazia speciale per i devoti dei dolori che soffrì nel vedere l'atroce Passione di suo Figlio, e Gesù promise per essi quattro grazie principali: 1. Chi invoca la Madonna per i suoi dolori, prima della morte meriterà far vera penitenza di tutti i suoi peccati. 2. Egli custodirà questi devoti nelle tribolazioni in cui si trovano, specialmente nell'ora della morte. 3. Imprimerà in loro la memoria della sua Passione, e poi in cielo li premierà. 4. Egli porrà tali devoti nelle mani di Maria affinché ella ne disponga a suo piacere e ottenga loro tutte le grazie che desidera.

Pertanto è vivamente raccomandabile accendersi nella devozione alla Madonna Addolorata e diffonderla il più possibile.

Le Glorie di Maria


(Brano di S. Alfonso Maria de Liguori tratto da "Le glorie di Maria" in "OPERE ASCETICHE" Voll. VI. e VII, CSSR, Roma 1937-1938. Per rendere più agevole la lettura ho aggiornato i termini desueti e ho effettuato qualche piccolo ritocco del testo).



Lettore mio caro e fratello in Maria, giacché la devozione che ha spinto me a scrivere e muove or voi a leggere questo libro, ci rende ambedue figli felici di questa buona Madre, se mai udiste dire da alcuno ch'io potevo farne a meno di questa mia fatica, essendovi già tanti libri dotti e celebri che trattano di questo soggetto, rispondetegli, vi prego, colle parole che lasciò scritte l'abate Francone nella biblioteca dei Padri, che la lode di Maria è una fonte così ampia, che quanto più si dilata tanto più si riempie, e quanto più si riempie tanto più si dilata: Laus Mariae fons est indeficiens, qui quanto amplius tenditur, tanto amplius impletur; quanto amplius impletur, tanto amplius dilatatur. Viene a dire che questa Vergine beata è così grande e sublime, che quanto più si loda tanto più resta a lodarla. A tal punto che dice S. Agostino (Ap. B. Dion. Carth.) che non bastano a lodarla quanto ella si merita tutte le lingue degli uomini, benché tutte le loro membra si convertissero in lingue: Etiamsi omnium nostrum membra verterentur in linguas, eam laudare sufficeret nullus. Ben io ho osservati innumerabili libri che trattano delle glorie di Maria, e grandi e piccioli; ma considerando che questi erano o rari o voluminosi o non secondo il mio intento, perciò ho procurato di quanti autori ho potuto aver per le mani di raccogliere in breve, come ho fatto in questo libro, le sentenze più scelte e spirituali dei Padri e dei Teologi, alfine di dare il comodo ai devoti, con poca fatica e spesa, d'infiammarsi con la lezione nell'amor di Maria, e specialmente di porgere materia ai sacerdoti di promuovere con le prediche la devozione verso questa divina Madre.

È solito degli amanti mondani il parlare spesso e lodare le persone amate, per vedere con ciò dagli altri anche il loro amore lodato ed applaudito. Troppo scarso dunque dee supporsi esser l'amore di coloro che si vantano amanti di Maria, e poi poco pensano a parlarne e a farla amare ancora dagli altri. Non fanno così i veri amanti di quest'amabilissima Signora: vorrebbero questi lodarla da per tutto, e vederla amata da tutto il mondo; e perciò sempreché possono o in pubblico od in privato, cercano di accendere nel cuore di tutti quelle beate fiamme, da cui si sentono accesi d'amore verso la loro amata Regina.

Affinché poi ciascuno si persuada quanto importi al bene proprio e de' popoli il promuovere la devozione di Maria, giova intendere quel che ne dicono i Dottori. Dice S. Bonaventura che quelli che s'impiegano in pubblicare le glorie di Maria son sicuri del paradiso. E lo conferma Riccardo di S. Lorenzo con dire che l'onorar questa Regina degli Angeli è lo stesso che 'l fare acquisto della vita eterna: Honorare Mariam, est thesaurizare vitam aeternam (De laud. Virg., l. 2). Poiché la gratissima Signora, soggiunge il medesimo, honorificantes se in hoc saeculo, honorificabit in futuro: ben s'impegnerà ella ad onorare nell'altra vita chi in questa s'impegna ad onorarla. E chi non sa la promessa fatta da Maria stessa a coloro che si adoprano a farla conoscere ed amare in questa terra? Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, 31), come le applica la santa Chiesa nella festività della sua Immacolata Concezione. Exulta - dunque diceva S. Bonaventura, che tanto s'impiegò in pubblicare le lodi di Maria, exulta, anima mea, et laetare in illa, quia multa bona sunt laudatoribus praeparata. E giacché tutte le divine Scritture, soggiungeva, parlano in lode di Maria, procuriamo sempre, e col cuore e colla lingua, di celebrare questa divina Madre, acciocché da lei siamo un giorno condotti al regno de' beati: Si enim omnes Scripturae loquuntur de ea, Deiparam perpetuo corde et lingua celebremus, ut ab ipsa ad gaudia aeterna perducamur.

Si ha dalle rivelazioni di S. Brigida che solendo il B. Emingo vescovo dar principio alla sue prediche dalle lodi di Maria, apparve un giorno alla santa la stessa Vergine, e le disse: Dite a quel prelato che suol cominciar le sue prediche dalle mie lodi, ch'io voglio essergli madre, e che io presenterò l'anima sua a Dio, e farà buona morte (Revel., cap. 104). Ed in fatti morì quegli da santo, orando, e con una pace di paradiso. Ad un altro religioso domenicano, che terminava le sue prediche con parlar di Maria, in morte ella anche gli apparve, lo difese da' demoni, lo confortò, e seco si portò la sua anima felice (Ap. il P. Auriem.). Il devoto Tommaso da Kempis introduce Maria che raccomanda al Figlio chi pubblica le sue lodi, così: Fili, miserere animae amatoris tui, et laudatoris mei (Serm. 20, ad Nov.). In quanto poi al profitto de' popoli, dice S. Anselmo ch'essendo stato fatto l'utero sacrosanto di Maria la via a salvare i peccatori, non può non avvenire che alle prediche di Maria i peccatori non si convertano e si salvino: Quomodo fieri potest ut ex memoria laudum eius salus non proveniat peccatorum, cuius uterus facta est via ad peccatores salvandos? (S. Ans., lib. III, de Exc. V., cap. I). E s'è vera la sentenza, come io per vera la tengo, siccome proverò nel capo V § 1 di questo libro, che tutte le grazie sol per mano di Maria si dispensano, e che tutti quei che si salvano, non si salvano che per mezzo di questa divina Madre; per necessaria conseguenza può dirsi che dal predicar Maria e la confidenza nella sua intercessione, dipende la salute di tutti. E così sappiamo che S. Bernardino da Siena santificò l'Italia; così S. Domenico convertì tante province; S. Luigi Beltrando in tutte le sue prediche non lasciava mai d'esortar la devozione a Maria; e così tanti altri.

Io trovo che il P. Paolo Segneri iuniore, celebre missionario, in tutte le sue missioni faceva sempre la predica della devozione a Maria, e questa egli chiamava la sua predica diletta. E noi nelle nostre missioni, dove abbiamo per regola di non tralasciar mai la predica della Madonna, possiamo attestar con tutta verità, che niuna predica riesce per lo più di tanto profitto e compunzione a' popoli, quanto questa della misericordia di Maria. Dico della misericordia di Maria; poiché dice S. Bernardo che noi lodiamo la sua umiltà, ammiriamo la sua verginità, ma perché siamo poveri peccatori, più ci alletta e piace il sentir parlare della sua misericordia: mentre questa più caramente abbracciamo, di questa più spesso ci ricordiamo, e questa più spesso invochiamo: Laudamus humilitatem, miramur virginitatem, sed miseris sapit dulcius misericordia: misericordiam amplectimur carius, recordamur saepius, crebrius invocamus (Ser. IV, de Ass.).

Che perciò in questo mio libretto, lasciando agli altri autori il descrivere gli altri pregi di Maria, ho preso per lo più a parlare della sua gran pietà e della sua potente intercessione; avendo raccolto, per quanto ho potuto, colla fatica di più anni, tutto quello che i SS. Padri e gli autori più celebri hanno detto della misericordia e della potenza di Maria. E perché nella grande orazione della Salve Regina, approvata già dalla stessa Chiesa, ed intimata da lei a recitarsi per la maggior parte dell'anno a tutto il clero regolare e secolare, vi si ritrovano a meraviglia descritte la misericordia e la potenza della Ss. ma Vergine; pertanto mi sono posto in primo luogo a dichiarare con distinti discorsi questa devotissima orazione. Oltre di ciò poi ho creduto far cosa grata a' devoti di Maria, l'aggiungervi le Lezioni, o sian Discorsi sulle sue Feste principali, e sulle Virtù di questa divina Madre; con porvi in fine le pratiche degli Ossequi più usati da' suoi servi e più approvati dalla Chiesa.

Devoto lettore, se mai vi gradisce, come spero, questa mia Operetta, vi prego di raccomandarmi alla santa Vergine, acciocché mi doni una gran confidenza nella sua protezione. Questa grazia per me cercate, e quest'ancora io vi prometto di cercare per voi, chiunque siete, che mi fate questa carità.

Oh beato chi si afferra coll'amore e colla confidenza a queste due ancore di salute, dico a Gesù ed a Maria; certamente che non si perderà.

Diciamo dunque di cuore, lettor mio, ambedue col devoto Alfonso Rodriguez: Iesus et Maria, amores mei dulcissimi, pro vobis patiar, pro vobis moriar; sim totus vester, sim nihil meus (Ap. Auriem., Aff. sc.). Amiamo Gesù e Maria, e facciamoci santi, che non v'è fortuna maggiore di questa che possiamo pretendere e sperare. Addio. A vederci un giorno in paradiso a' piedi di questa dolcissima Madre e di questo amantissimo Figlio, a lodarli, a ringraziarli ed amarli insieme a faccia a faccia per tutta l'eternità.

Il quadro bruciacchiato

S. Alfonso de' Liguori prese parte a un corso di esercizi spirituali nella casa della Missione di Napoli, esattamente il 26 marzo 1722. Alfonso era allora un brillante giovane cavaliere e un distinto avvocato nel foro napoletano. Quegli esercizi fecero un gran bene all'anima sua; ma ciò che lo indusse a cambiar vita del tutto, fu specialmente il fatto seguente. Nella predica sull'inferno, il predicatore presentò al numeroso uditorio, un quadro bruciacchiato, portato da Firenze. Davanti ad esso, un giorno un cavaliere stava pregando per una donna di sua conoscenza, morta pochi dì innanzi, quando se ne vide comparire l'anima. - Non pregate per me, che sono dannata - disse quell'anima. Quindi, posò una mano sul quadro bruciandone una parte. Alfonso ne restò sì scosso, che quel giorno risolvette di dare un addio completo al mondo.

[Brano tratto da “Catechesi in esempi” di Fratel Remo di Gesù, Edizione “Sussidi”, 1956].

Circa la morte improvvisa


[Pensiero spirituale tratto dai “Sermoni compendiati” di Sant'Alfonso Maria de Liguori].

Una morte improvvisa, siccome è avvenuta a tanti, così può avvenire ad ognuno di noi. E bisogna intendere che tutte le morti che accadono agli uomini di mala vita, tutte sono improvvise, ancorché l'infermità dia qualche spazio di tempo; poiché i giorni di quella infermità mortale sono giorni di tenebre, giorni di confusione, nei quali è difficile, anzi moralmente impossibile l'aggiustare una coscienza imbrattata di peccati. Dimmi, fratello mio, se ora ti ritrovassi in punto di morte disperato dai medici e già ridotto in agonia, quanto desidereresti un altro mese, un'altra settimana di tempo per aggiustare i conti da rendere a Dio? E Dio già ti dà questo tempo, e ti chiama e ti fa conoscere il pericolo in cui stai di dannarti. Presto datti a Dio; che aspetti? Aspetti che proprio Dio ti mandi all'inferno? ...Sappiti servire di questa luce e di questo tempo che ora Iddio ti dà, e rimedia ora che puoi; perché verrà tempo nel quale non potrai più rimediare.

Amore a Dio


S'inculchi ancora più volte l'amore a Dio. Chi non prende amore a Dio, ma si astiene dal peccare solo per timore dell'inferno, sta in pericolo di tornare a cadere, quando cessa quella viva apprensione di timore. Ma chi giunge ad innamorarsi di Gesù Cristo, difficilmente cadrà più in peccato mortale. Ed a ciò giova molto il pensare alla Passione di Gesù Cristo.


(Sant'Alfonso Maria de Liguori)

Circa i novissimi



Spesso si parli de' novissimi, della morte, del giudizio, dell'inferno, del paradiso e dell'eternità.


(Pensiero di Sant'Alfonso de Liguori, fondatore dell'ordine religioso dei Redentoristi).

Circa la devozione necessaria nel celebrare la Messa


[...] nel celebrare la Messa è necessaria la riverenza e la devozione. È noto che l'uso del manipolo fu introdotto per comodo di asciugare le lagrime; poiché anticamente i preti, celebrando, per la devozione non facevano altro che piangere. Già si è detto che il sacerdote all'altare rappresenta la stessa persona di Gesù Cristo [...] Ma [...] parlando del modo nel quale dicono la Messa la maggior parte dei sacerdoti, bisognerebbe piangere, ma piangere a lagrime di sangue! È una compassione, diciam così, veder lo strapazzo che fanno di Gesù Cristo molti preti e religiosi ed anche taluni di ordini religiosi riformati. Si osservi con quale attenzione ordinariamente dai sacerdoti si celebra la Messa. A costoro bene starebbe detto quel che rimproverava Clemente alessandrino ai sacerdoti gentili, cioè ch'essi facevano diventar scena il cielo, e Dio il soggetto della commedia: O impietatem! scenam coelum fecistis, et Deus factus est actus. Ma no, che dico, commedia? oh che attenzione ci metterebbero questi tali, se dovessero recitare una parte in commedia! E per la Messa che attenzione vi pongono? Parole mutilate, genuflessioni che sembrano piuttosto atti di disprezzo che di riverenza, benedizioni che non si sa che cosa siano, si muovono per l'altare e si voltano in modo che quasi muovono a ridere, complicano le parole colle cerimonie, anticipandole prima del tempo prescritto dalle rubriche; [...] Tutto avviene per la fretta di finir presto la Messa. Come dicono alcuni la Messa? come se la chiesa stesse per crollare o stessero per venire i corsari e non ci fosse tempo di fuggire. Sarà stato due ore a ciarlare inutilmente o a trattare faccende di mondo, e poi tutta la fretta dove la mette? a dir la Messa. E nel modo poi con cui questi tali la cominciano così procedono a consacrare ed a prender tra le mani Gesù Cristo ed a comunicarsi con tanta irriverenza come non fosse in verità che un pezzo di pane.


[Brano di Sant'Alfonso Maria de Liguori tratto da “Selva di materie predicabili”. Per rendere il brano più facilmente comprensibile ho tradotto in italiano corrente i termini desueti e ho effettuato qualche piccolo ritocco all'ortografia].

Umiltà

L'umiltà e la mansuetudine furono le due virtù dilette di Gesù Cristo, nelle quali singolarmente volle essere imitato da' suoi discepoli. [...] Il sacerdote dunque quanto è più grande nella sua dignità, tanto più dee esser umile; altrimenti se cade in peccato, quant'è maggiore l'altezza dalla quale cade, tanto maggiore sarà la sua rovina. [...] L'umiltà è verità; perciò disse il Signore che se sapremo separare il prezioso dal vile, cioè quel ch'è di Dio, da ciò ch'è nostro, saremo simili alla sua bocca, che dice sempre il vero [...] Andiamo dunque separando ciò ch'è nostro da quello ch'è di Dio. Altro non è nostro che la miseria e la colpa. E che altro siam noi che un poco di polvere puzzolente, infetta di peccati? [...] La nobiltà, le ricchezze, i talenti, l'abilità e gli altri doni di natura non sono che una veste posta sopra d'un povero mendico. Se vedeste un mendico che si gloriasse d'una veste ricamata che gli è posta sopra, non lo stimereste un pazzo? [...] Che cosa abbiamo noi che non ci sia stato dato da Dio e che non ce lo possa togliere quando vuole? Tanto più poi sono di Dio i doni di grazia che ci fa, e noi gl'imbrattiamo con tanti nostri difetti, distrazioni, fini disordinati ed impazienze [...] Almeno se ci conosciamo poveri e difettosi innanzi a Dio, umiliamoci e confessiamo le nostre miserie. S. Francesco Borgia, consigliato mentr'era secolare, da un sant'uomo che, se voleva fare un gran profitto, non lasciasse ogni giorno di pensare alle sue miserie, il santo, ricordandosi poi di ciò, spendeva ogni giorno le prime due ore di orazione nella cognizione e dispregio di se stesso; e così si fece santo e lasciò a noi tanti belli esempj di umiltà. [...] Il demonio non ha timore de' superbi. Una volta, come narra Cesario, essendosi condotto un ossesso ad un monastero cisterciense, il priore condusse seco un religioso giovine, riputato di molta virtù, e disse al demonio: «Se questo monaco ti comanderà d'uscire, avrai ardimento di restare? No, rispose il nemico, non ho paura di costui, perché è superbo». [...] Perciò i santi han temuto più della superbia e della vanagloria che d'ogni altro mal temporale che avesse potuto loro avvenire. [... ] A questo fine permette il Signore che anche i santi sieno molestati da tentazioni impure: ed anche pregato, li lascia a combattere, come avvenne a s. Paolo [... ] Sicché, dice s. Girolamo, a s. Paolo fu dato lo stimolo della carne per ammonirlo a conservarsi umile [... ].

[Brano di S. Alfonso tratto da "Selva di materie predicabili"].

Carità perfetta

È molto importante fare spesso degli atti di carità verso Dio. A tal proposito riporto, con l'esplicito incoraggiamento del mittente, una lettera di un caro lettore del blog alla quale segue la mia risposta.

Caro amico,
                      ormai ti chiamo amico perché tale ti considero anche senza conoscerti, visto che i tuoi consigli valgono molto di più di quelli di tanti amici che si rifanno alla cultura del mondo, tu invece attingi da ben altre fonti e sei sempre così gentile da non lesinare spiegazioni. Poi, leggendo i tuoi articoli, non si può far altro che avere fiducia in un amico come te che pur dicendo le cose come stanno lasci vedere sempre un barlume di speranza, non come tanti autori di blog e riviste che confondono e demoralizzano. Oggi, approfittando sempre della tua disponibilità, volevo un tuo parere su qualcosa che mi tocca personalmente in questo periodo. Come ti dissi io vivo in un Paese dove la nostra Religione non è permessa, quindi non ho l'opportunità di ricevere i sacramenti, inoltre, come ti spiegai, sono in un periodo particolare di fragilità emotiva e confusione sul futuro a causa di problemi materiali e spirituali, tuttavia cerco di non farmi mai mancare la preghiera e ogni giorno cerco di essere costante, anche se non provo più il gusto della preghiera come prima. Però, mi capita a volte di commettere dei peccati gravi, e qui non posso confessarmi, quindi cado in un tunnel di senso di colpa che sfiora la depressione e inizio a pensare alla morte e cose del genere, e mi chiedo addirittura se tutte le mie preghiere in questa situazione diventino vane e inutili, essendo io in stato di peccato, o se il Signore, dall'infinito della sua bontà, le ascolti lo stesso. Spero di avere bene esposto i miei dubbi, ti prego dammi un consiglio.

Grazie, che Dio ti benedica sempre,
(lettera firmata)

Carissimo fratello in Cristo,
                                         hai fatto bene a scrivermi, spero tanto di poter esserti di qualche utilità. Anche se tu fossi l'uomo più cattivo del mondo, il mio Re è morto in croce anche per te, nonostante sapesse che l'avresti tradito col peccato. Dunque, se Lui ti ha amato sin dall'eternità, anche io sono tenuto ad avere nei tuoi confronti sentimenti di carità fraterna. Se devo essere sincero, nutro molte speranze che riuscirai a risollevarti. Infatti, quando una persona si riconosce peccatrice, è già sulla buona strada che la condurrà, se sarà perseverante, ad un'autentica conversione.

È triste sapere che esistono degli Stati in cui il cristianesimo è proibito. Tuttavia, anche se non ci sono sacerdoti, puoi tornare oggi stesso in stato di grazia di Dio. In che modo? Ti basterà recitare con contrizione del cuore un “Atto di dolore”. Poi quando avrai la possibilità di confessarti, i peccati che hai commesso verranno definitivamente cancellati per l'eternità. Per “contrizione del cuore” intendo dire che devi essere dispiaciuto di tutti i peccati mortali che hai commesso, e questo dispiacere deve essere causato non tanto dalla consapevolezza di aver meritato l'inferno, quanto piuttosto dalla considerazione che col peccato hai offeso Dio che è infinitamente buono, e sei stato la causa dell'atroce e dolorosa Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Se in questo momento hai questo “dolore perfetto” dei peccati mortali commessi e hai l'intenzione di confessarti quando ne avrai la possibilità, ti ritrovi già in stato di grazia, e se per un incidente dovessi morire, non andresti all'inferno. Per questo motivo è cosa buona recitare ogni giorno l'atto di dolore, oppure potresti anche fare degli atti di carità perfetta verso Dio, dicendogli sinceramente che gli vuoi bene e che preferisci morire anziché offenderlo col peccato. Insegna San Tommaso d'Aquino che la carità non può convivere col peccato mortale, dunque se una persona fa un atto di carità perfetta verso Dio, implicitamente è anche contrita del male fatto, e così nel suo cuore non può più albergare il peccato mortale che viene spazzato via dalla carità perfetta verso Dio. Il Venerabile Don Giuseppe Frassinetti spiega diligentemente questa dottrina nel suo aureo “Compendio della Teologia Morale”.

In certi casi è lecito desiderare la morte, però bisogna dire che ovviamente non è mai lecito uccidersi, ma bisogna uniformarsi alla volontà di Dio. Lui ci ha creato, Lui è nostro Padrone, solo Lui sa quando è giusto far terminare il nostro esilio in questa valle di lacrime. Sant'Alfonso insegna che non è lecito desiderare la morte per rabbia o disperazione, però è lecito desiderarla quando qualcuno stimasse “meno dura la morte che la sua vita penosa, per causa dell'infermità, della povertà, o d'altra tribolazione che patisce.” Inoltre afferma che è lecito desiderare la morte per poter liberarsi dalle tentazioni che infestano il mondo e andare in Cielo ad amare Dio senza più paura di perderlo col peccato. Santa Teresa d'Avila desiderava ardentemente la morte per poter unirsi con Dio, e a tal proposito scrisse una bella poesia il cui ritornello è “Muero porque no muero”.

La preghiera non è mai vana. Se un cristiano è in stato di grazia, la preghiera accresce in lui la carità e i meriti per il Cielo. Se invece è in stato di peccato mortale, la preghiera serve ad ottenere da Dio la grazia della conversione. Quindi, qualsiasi sia lo stato della tua coscienza, continua a pregare senza scoraggiarti. Non è detto che tu debba usare le normali formule, puoi anche parlare in modo familiare con Dio, raccontandogli i tuoi problemi, le tue preoccupazioni, le tue sofferenze. Parlando da cuore a Cuore col Signore, è bene inframmezzare il discorso con degli atti d'amore nei suoi confronti. Devi dirgli che lo ami, che tutte le ricchezze della terra non potranno mai far felice il tuo cuore, poiché l'unica cosa che brami è il suo amore, che vuoi convertirti per dargli gusto, eccetera. Chissà, forse leggendo questa lettera hai fatto qualche atto di carità perfetta verso la Santissima Trinità e sei tornato in stato di grazia. Lo spero tanto!

Approfitto dell'occasione per porgerti i miei più cordiali e fraterni saluti in Cristo Re e Maria Regina di tutte le Vittorie della Chiesa,

Cordialiter

Novena dello Spirito Santo

Come promesso tempo fa, ho registrato la “Novena dello Spirito Santo” di Sant'Alfonso Maria de Liguori nel formato audio mp3. Per comodità ho racchiuso i nove file audio in un unico file zippato. Le registrazioni non sono professionali, ma le anime semplici sanno accontentarsi. Oltre che sul sito delle meditazioni alfonsiane, ho deciso di pubblicarle anche su questo blog nella speranza che possano interessare coloro che lo frequentano.


Sulla grandezza della Messa


Iddio stesso non può fare che nel mondo vi sia un'azione più grande che la celebrazione d'una Messa

(Sant'Alfonso Maria de Liguori).

I seguaci di Gesù sono odiati dai malvagi

Il Redentore ci ammoní a guardarci non tanto dai demòni, quanto dagli uomini: «Guardatevi dagli uomini» (Cavete autem ab hominibus - Mt 10, 17). Gli uomini spesso sono peggiori dei demòni, perché i demòni fuggono quando si prega o si invocano i nomi santissimi di Gesú e Maria. Ma se qualcuno dà una risposta di tipo spirituale ai cattivi compagni che lo tentano al peccato, essi anziché fuggire, aumentano la tentazione e lo deridono, definendolo essere spregevole, maleducato, persona di nessun valore. E nel caso non possano dire altro, lo chiamano ipocrita che si finge santo. Per non sentire questi rimproveri o derisioni, certe anime deboli si accodano sciaguratamente a tali ministri di Lucifero e tornano al vomito.

Fratello mio, persuaditi che se vuoi vivere santamente, senza dubbio dovrai venir preso in giro e disprezzato dai malvagi: «Gli uomini retti sono in abominio ai malvagi» (Abominantur impii eos, qui in recta via sunt - Pr 29, 27)

[…] Non esiste alternativa a questo, perché le massime del mondo sono diametralmente opposte a quelle di Gesú. Ciò che è stimato dal mondo, è chiamato da Gesú stoltezza: «Perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio» (Sapientia enim huius mundi stultitia est apud Deum - 1 Cor 3, 19). Al contrario, il mondo chiama stoltezza ciò che è stimato da Gesú, come le croci, i dolori, il disprezzo: «La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione» (Verbum enim crucis pereuntibus quidem stultitia est - 1 Cor 1, 18). […] Il Signore rivelò a Santa Brigida che chi soffre le punture delle spine prima, mentre pratica la virtú con pazienza e coraggio, vedrà poi le spine trasformarsi in rose.


[Sant'Alfonso Maria de Liguori, Apparecchio alla morte, Gribaudi Editore].

Circa la devozione alla Madonna


Oh quanti beati non vi sarebbero ora in Cielo, se Maria con la sua potente intercessione non ve li avesse condotti! 

(Pensiero tratto da "Le glorie di Maria" di Sant'Alfonso de Liguori).

Circa i miracoli

Taluni pregiandosi d'essere spregiudicati si fanno onore di non credere altri miracoli se non quelli che stanno registrati nelle sacre Scritture, stimando gli altri quasi che novelle e favole da femminucce. Ma giova qui avvertire un giusto sentimento del dotto e pio P. Giovanni Crasset (Tom. 2, tr. 6, prat. 10), il quale dice che quanto più son facili a credere i miracoli le persone dabbene, tanto son facili i malvagi a deriderli; soggiungendo che conforme è debolezza il dar credito a tutte le cose, così all'incontro il ributtare i miracoli che vengono attestati da uomini gravi e pii, o sente d'infedeltà, pensando che a Dio sieno impossibili, o sente di temerità, negando il credito a tal sorta d'autori. Possiamo dar fede ad un Tacito ed uno Svetonio, e possiamo negarla senza temerità ad autori cristiani dotti e probi? Minor pericolo, dicea il P. Canisio (L. 5, de Deip., c. 18), vi è nel credere e ricevere quel ch'è riferito con qualche probabilità da persone dabbene e non riprovato da' dotti e serve all'edificazione del prossimo, che 'l rigettarlo con uno spirito dispregiante e temerario.

(da "Le glorie di Maria" di S. Alfonso)

Contrassegni sicuri da riconoscere in noi il santo amor di Dio



L'amor divino nelle scritture si paragona al fuoco.

Il Signore, per dichiararci nel Vangelo, che egli era venuto in terra a portare il santo amore divino, si esprime col dire, che era venuto in terra a portar fuoco: Ignem veni mittere in terram [...] Ecco però due contrassegni sicuri da riconoscere in noi il s. amore di Dio; opere e pazienza. Operiamo noi sempre per il nostro Dio, almeno per mezzo di una retta intenzione di fare in ogni cosa la sua divina volontà, d'incontrare in tutto il suo divino beneplacito? Soffriamo noi volentieri per lui ogni cosa a noi avversa, povertà, tribolazioni, infermità, ed altro? anziché discostarci da lui per tali cose, a lui più ci accostiamo? Noi abbiamo il s. amore di Dio: il nostro amore è fuoco che opera, che resiste ai venti contrari: altrimenti no; il nostro amore verso Dio non sarà vero, sarà falso: sarà amore di lingua, non sarà amore di cuore. [...]

Veniamo a qualche sperimento più pratico. Viene il caso di fare quel guadagno, ma è ingiusto; viene l'occasione di prendersi quella soddisfazione, ma è illecita. Vi danno pena i doveri del vostro stato, vi annoiano le fatiche del vostro impiego. E voi, per il vostro Dio non curate quel guadagno, rinunziate al piacere, tutto fate, tutto eseguite: voi avete il s. amore di Dio: il vostro amore è fuoco che opera; altrimenti no, il vostro amore verso Dio non sarà vero, sarà falso, sarà amore di lingua, non sarà amore di cuore. [...] Viene all'improviso quella tribolazione, si suscita all'improviso quella lite, da cui tutto il vostro dipende, si perde all'improviso quella persona che era tutta la vostra speranza, tutto il vostro sostegno? Voi tutto con prontezza al Signore offerite, tutto portate ancor con giubilo? Voi avete il s. amor di Dio. Il vostro amore è fuoco che resiste ai contrarj: altrimenti no, il vostro amore verso Dio non sarà vero, sarà falso, sarà amore di lingua, non sarà amore di cuore: Filioli mei, non diligamus verbo, neque lingua, sed opere et veritate.

Oh quanto però più sicuro contrassegno di amore è il soffrire che l'operare: poiché coll'operare, chi ama s'impiega in grazia della persona amata, e però è segno che l'ama; ma chi soffre, non si cura nemmeno di sé in grazia di quella; e però è segno che l'ama di più.

E a questo contrassegno singolarmente volle Dio provare il grande amore verso di lui nel s. Giobbe.

Un grande amante di Dio fu certamente il s. Giobbe: ma quando si mostrò veramente tale? Forse quando si vedeva d'intorno una numerosa figliolanza? Quando nuotava nell'abbondanza d'ogni bene? Quando si ritrovava in istato perfetto di sua salute? Sì, anche allora; poiché anche allora tutto riconosceva da Dio, a lui ne dava grazie, offeriva sacrifizi, attendeva ai suoi doveri col dare santi avvisi ai suoi figliuoli, col pregare continuamente per loro, affinché coi peccati non offendessero mai il loro Signore [...] Ma il suo amore verso Dio lo mostrò veramente grande, quando Dio appunto per provare questo suo grande amore verso di lui, lo spogliò in un momento di tutti i suoi beni: gli fece morire in un punto tutti i suoi figli: lo privò in un punto affatto della sua salute, e lo ridusse tutto piaghe a spremersi da tutte le sue membra sopra un mondezzaro, con un coccio, la marcia, e a tutti questi così orrendi infortuni, in tutte queste così inaudite afflizioni, altro mai non ripete, se non che con invitta e sempre più che memorabil pazienza [...] Ma che il s. Giobbe! Gesù Cristo medesimo, nell'andare alla passione, disse agli Apostoli: Apostoli miei, affinché conosca il mondo che io amo mio Padre, via su andiamo: Ut cognoscat mundus, quia diligo Patrem, surgite eamus. Ecco, ecco il più sicuro ed incontrastabil contrassegno del vero amor di Dio pazienza, pazienza; soffrire volentieri qualunque cosa per lui.
[...]
Ecco, ecco il più sicuro ed incontrastabile contrassegno del vero amore di Dio, pazienza, pazienza: soffrire, soffrire volentieri qualunque cosa per lui.

Ed oh felice, ed oh beato chiunque che a questi due così sicuri contrassegni, opere e pazienza, fare e soffrire per il gran Dio, riconoscerà in se stesso il santo amore di Dio.

Tutto l'oro del mondo, in paragone d'un picciol grado di s. amore di Dio, non è più che una tenuissima arena. Omne aurum in comparatione illius arena est exigua: anzi tutte le ricchezze del mondo, in paragone di un picciol grado di santo amore di Dio, non sono più che un nulla, così dice il savio nella Scrittura. Divitias nihil esse duxi in comparatione illius.

Ma che tutto l'oro del mondo, o tutte le ricchezze del mondo! Neppur tutti li doni soprannaturali più grandi contan nulla senza il santo amore di Dio. Così parla il s. apostolo Paolo che tanto ne possedeva di s. amore di Dio, e però tanto bene ne conosceva il suo pregio.

Se io avessi, diceva egli, il dono di tutte le lingue, e parlassi non solo con tutti i linguaggi degli uomini, ma ancora con quel linguaggio mirabile, col quale parlano gli angeli fra di loro; Si linguis hominum loquar et angelorum; e non avessi il s. amore a Dio, charitatem autem non habeam; io non sarei più di un cembalo, che non accorda; Factus sum velut aes sonans, aut cymbalum tinniens.

Se io avessi il più alto dono di profezia, tanto che penetrassi profondamente i misteri più astrusi; Si habuero prophetiam, et noverim mysteria omnia; se avessi il dono di tutte le scienze, e un dono così grande di fede, che trasportassi le montagne da un luogo all'altro; Si habuero omnem scientiam, et omnem fidem, ita ut montes transferam; e non avessi il s. amor di Dio; caritatem autem non habeam; io sono un niente; Nihil sum.

E la bella virtù della carità del s. amor di Dio è quella virtù regina delle altre che regna e regnerà in eterno.

La fede dopo morte avrà il suo premio perché vedrà quel che ha creduto; ma la virtù della fede in paradiso non vi sarà.

La speranza dopo morte avrà il suo premio, perché possederà quel che ha sperato; ma la virtù della speranza in paradiso non vi sarà.

La carità, l'amore verso Dio dopo morte avrà il suo premio e regnerà in eterno, perché con immensa beatitudine seguirà ad amare in eterno quel Dio che avrà amato qui in terra.

Oh pure felice però! oh pure beato chiunque ai due così sicuri contrassegni di opere e di pazienza, di fare e di soffrire volentieri per il suo Dio, potrà in sé riconoscere il s. e vero amor di Dio!

Amiamo dunque tutti, amiamo tutti e ciascuno nel modo e nella forma già detta, il nostro Dio. In ogni nostra operazione il nostro Dio abbiamo innanzi agli occhi, seguendo sempre in ogni nostra azione la sua divina volontà, il suo divino beneplacito, e non solo con sofferenza, ma ancor con gioia portiamo tutto ciò che contrario sia al nostro amor proprio e all'umana nostra sensibilità.

Per questo solo ed unico fine di amare il nostro Dio, noi siamo stati da Dio creati e messi al mondo.

In seguir quest'unico e solo fine noi poniamo in questo mondo ogni nostra cura, ogni nostra sollecitudine. [...].


[Brano di Sant'Alfonso Maria de Liguori tratto da "Contrassegni sicuri da riconoscere in noi il santo amor di Dio" OPERE ASCETICHE, in “Opere di S. Alfonso Maria de Liguori”, Pier Giacinto Marietti, Vol. I, pp. 900 - 903, Torino 1880 - Per rendere più fluido il testo ho eseguito alcuni tagli e ritocchi del testo].